
Il periodo antico: le fondamenta della nostra civiltà
L’Antichità si estende approssimativamente dal 3000 a.C. fino alla caduta dell’Impero romano d’Occidente nel 476 d.C. Segna l’inizio della storia scritta e vede la nascita delle prime grandi civiltà organizzate attorno a città, leggi e imperi.
Quest’epoca inizia con le civiltà della Mesopotamia e dell’Egitto. In Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate, compaiono le prime forme di scrittura, le prime città-stato e un diritto codificato, come il Codice di Hammurabi. In Egitto, i faraoni costruiscono una civiltà potente, segnata dalle piramidi, dal Nilo e da un sistema amministrativo avanzato.
Più a ovest, la Grecia antica emerge intorno all’VIII secolo a.C. I Greci sviluppano la filosofia, la democrazia ad Atene, i Giochi Olimpici e un’arte che ancora oggi influenza l’architettura, la scultura e il pensiero occidentale. La Grecia è anche un mondo di città indipendenti (le poleis), spesso in conflitto, ma unite da una lingua e una cultura comune.
A partire dal III secolo a.C., Roma cresce in potenza. Inizialmente piccola città del Lazio, Roma diventa un impero che domina tutto il bacino del Mediterraneo. La sua organizzazione militare, le sue strade, il suo diritto e la sua lingua (il latino) avranno un’influenza duratura sull’Europa. L’Impero romano raggiunge il suo apogeo nel II secolo d.C., prima di attraversare crisi, invasioni e infine la sua caduta nel 476.
Il periodo antico è anche quello dei grandi scambi. Le rotte commerciali collegano l’Europa, l’Africa e l’Asia. Idee, merci e monete circolano. È un’epoca di conquiste, ma anche di trasmissione culturale.
Le monete greche: l’arte al servizio dello scambio
L’antica Grecia non fu la prima a coniare monete, ma fu la prima a dare loro un’anima. A partire dal VI secolo a.C., città come Atene, Corinto o Egina producono le proprie monete. Ogni città-stato conia le sue monete, affermando così la propria identità e potenza.
Prendiamo una dracma di Atene. Sul dritto: la testa di Atena, dea della saggezza e protettrice della città. Sul rovescio: una civetta, il suo animale simbolico, dagli occhi grandi e stilizzati. Intorno a lei, le lettere ΑΘΕ, abbreviazione di “degli Ateniesi”. Queste monete circolano ampiamente nel mondo mediterraneo, non solo per il loro valore commerciale, ma anche per la qualità della loro lavorazione. Diventano una moneta di riferimento, indispensabile per il commercio. Sono belle, precise, coniate in argento puro. Ispirano fiducia. E ciò in un’epoca in cui la fiducia è essenziale per il commercio. Queste monete si diffondono ampiamente nel mondo antico mediterraneo e diventano una sorta di moneta di riferimento, indispensabile per il commercio.
Le monete greche non servono solo per acquistare vino o anfore. Sono piccole opere d’arte, in cui ogni volto, ogni animale, ogni simbolo (figure o riferimenti alla storia della propria città, divinità, animali…) ha un significato. Zeus, Poseidone, Eracle… gli dèi sono ovunque, spesso rappresentati in pose potenti o benevoli.
Ma i Greci non sono i soli a forgiare la propria identità nel metallo. A ovest, altri popoli osservano, imparano e a loro volta creano.
Le monete galliche: l’indipendenza attraverso il metallo
Prima che Roma estendesse il proprio impero, i Galli vivevano in tribù, ciascuna con i propri capi, le proprie usanze… e talvolta le proprie monete. Le prime monete galliche compaiono intorno al III secolo a.C., ispirate alle monete greche. In particolare a quelle di Filippo II di Macedonia (padre di Alessandro Magno), i cui volti sono copiati e poi trasformati.
I Galli prendono queste immagini greche e, poco a poco, le trasformano a modo loro. Un volto greco diventa una testa dai capelli a spirale. Il cavallo si deforma, diventa quasi fantastico. I motivi diventano più astratti, più stilizzati. Non si tratta più solo di imitare, ma di reinterpretare, di creare uno stile proprio.
Le monete galliche sono spesso in elettro (lega di oro e argento), o in bronzo. Alcune portano i nomi di capi, come Dumnorix o Vercingetorige. Sono segni di autorità, di potere. Marcano un territorio, un’epoca, un’ambizione.
Le monete romane: l’impero in miniatura
Roma non si accontenta di conquistare territori. Impone anche la sua moneta. Già dal III secolo a.C., i Romani coniano monete per unificare la loro economia. E ne faranno uno strumento politico di primo piano.
La moneta romana racconta la storia di Roma, imperatore dopo imperatore, dalla Repubblica fino alla fine dell’Impero. Sul dritto: il volto del sovrano, da Giulio Cesare ad Augusto, da Nerone a Costantino. Sul rovescio: vittorie militari, templi, messaggi chiari. Un’iscrizione può dire: “FEL TEMP REPARATIO” — “il tempo felice è tornato”.
Prendiamo una moneta d’argento, un denario dell’epoca di Cesare. Vi si vede il suo profilo, coronato d’alloro. È la prima volta che un uomo vivente si permette di apparire su una moneta — un gesto forte, quasi una sfida alle tradizioni repubblicane.
I Romani capiscono che la moneta circola più velocemente degli eserciti. Una moneta può andare da un mercato della Gallia fino al deserto della Siria. Porta l’immagine dell’imperatore, ricorda la potenza di Roma. Anche i popoli conquistati vedono ogni giorno il suo volto.
Le monete romane sono anche pratiche. Esistono in oro (aureus), in argento (denario), in bronzo (sesterzio, asse…). Ogni metallo ha la sua funzione, il suo uso. E la quantità di metallo puro è controllata — almeno all’inizio. Perché col tempo l’impero si espande, le spese militari esplodono, e le monete perdono valore. Meno argento, più rame. L’inflazione è già iniziata.